Martedì 24 Aprile 2007,
le gambe
ancora mi duolgono per la gara di domenica, la Oetzi marathon in Val Senales,
ma la fatica appena conclusa non basta ad allontanare il mio pensiero dalla
prossima sfida che si avvicina velocissima : Riva del Garda – Gran Zebrù .
L’avventura mi è stata proposta
dal mio amico Paolo Degasperi di Sardagna , mai fermo neanche lui , sempre
alla ricerca di nuove sfide e nuovi stimoli da assorbire.
Penso che sarà la prima sfida
di una definita tipologia che andrò ad affrontare , la prima di molte altre
che seguiranno, sempre che la famiglia e il lavoro e la salute me lo
permettano.. Saranno circa 200 km con la bici da corsa , da Riva del Garda a
Solda , praticamente 2000 metri di dislivello da fare quasi interamente
nell’ultimo tratto durissimo che arriva appunto alla funivia di
Solda.Terminata questa fatica calzeremo gli sci d’alpinismo e saliremo in
cima al Gran Zebrù a mt. 3851, nobile montagna che si eleva con forme
eleganti sulla cresta principale, all’unione delle valli di Solda, di Cedèc,
di Zebrù. E’ la più bella cima del Gruppo dell’Ortles , viene chiamata anche
Konigs –Spitze, la Cima del Re, toponimo derivato dall’aspetto maestoso
della montagna verso la valle di Solda, se vista da Nord Ovest quale aguzza
piramide o da Nord Est con la sua formidabile parete di ghiaccio o da Sud
Est per i suoi profili regolari. Se le condizioni ce lo permetteranno
proveremo a salire dal canalino Minnig che sale fino quasi in cima con
pendenze che variano dai 40 ai 50°.
Lunedì 30 Aprile 2007,
gli
zaini stanno prendendo forma. Prendo la piccozza, i ramponi e nello stesso
tempo dò un occhiata alla bici, la quale sembra passare in secondo ordine
rispetto alla montagna che ti cimenti a salire, ma sarà colei che ti
permetterà di giungere ai piedi della stessa, e sarà lei a dire quante
energie ti sono rimaste ancora in corpo per permetterti di fare quello che
tu ti accingi a fare. Sembra di tornare ai tempi di Hermann Buhl, quando per
raggiungere i punti di partenza delle sue scalate , si spostava per
centinaia di chilometri con una bici pesantissima, carico di zaino e
scarponi. Niente a che vedere con noi, biciclette in carbonio e zaini che ci
aspettano al termine del percorso “ciclabile”, ma che però ci fan lo stesso
sentire emuli moderni del grandissimo Hermann. Alle 22 ci troviamo tutti a
Volano, tenteremo l’impresa io Paolo Degasperi e Marcellina Dossi. Durante
il percorso in bici ci faranno l’assistenza Sergio Lorenzi e Jenni Quarella
. Mentre per la parte alpinistica Roberto Toller penserà a prendere cura lui
di farci salire nella direzione giusta.
Martedì 1 Maggio
,
Il trasferimento in furgone a Riva del Garda, ci
sentiamo pronti... Eccoci un attimo prima della partenza
in Piazza a Riva del Garda
si parte
, siamo in centro a Riva del Garda è mezzanotte meno qualche minuto ma non
importa , le statistiche non sono così importanti da tenerci fermi ad
aspettare l’ora esatta, la gente ci guarda incuriosita mentre sfiliamo tra
le vie del paese con le nostre pile accese sulle biciclette. La voglia di
partire è incontenibile, quindi via andiamo e mentre pedalo cerco di
controllare anche la velocità, so che non dobbiamo esagerare soprattutto
all’inizio, le forze saranno necessarie fino questa sera quando saremo di
ritorno alla macchina. Cerco di rimanere sempre sotto i 30 km/h, dietro di
noi Sergio e Jenni ci seguono con il furgone , le luci illuminano la strada
a giorno e le quattro frecce accese ci tengono lontano dai pericoli degli
automobilisti “del sabato sera”. Con questa tranquillità aggiunta dopo aver
passato Arco,Dro e Vezzano raggiungiamo Cadine dove la strada ricomincia a
scendere fino a Trento. Oltrepassiamo le gallerie dove sento il freddo
entrarmi fino nel profondo delle ossa. Giunti a Trento percorriamo il tratto
fino a Lavis in ciclabile per poi riprendere la normale fino al ristorante “
La Cacciatora” dove in ciclabile arriviamo fino a Ora.
Con il furgone alle spalle ci sentiamo più sicuri
Alle prime luci dell'alba tutto sembra andare come previsto..
Subito
dopo Ora verso le 02:30 salutiamo il nostro amico Carabiniere Andrea
Gottardi , di servizio in quel momento ma sicuramente con un occhio vigile
per verificare il nostro passaggio. Intanto che pedaliamo l’umidità si fa
sentire e le ginocchia se pur coperte con i gambali mi fanno ricordare la 24
della Val Rendena, dove un po’ anche lì per l’umidità e un po’ per i
chilometri percorsi si ha un fastidio acuto nel punto centrale delle stesse,
che solo alzandoti e pedalando in piedi sui pedali riesci a eliminare per un
breve momento. Arrivati a Bolzano sbaglio strada e mi ritrovo nella nuova
galleria che arriva proprio alle porte di Bolzano. Cerco di percorrerla nel
minor tempo possibile per evitare “grane” ma appena fuori dalla stessa il
Sergio e la Jenni vengono fermati da una pattuglia della Polizia stradale
che per non smentirsi gli appioppano una multa stupidissima per aver
percorso la galleria con le 4 frecce accese. Li aspettiamo sulla normale
della Bolzano –Merano , all’altezza dell’ospedale dove ci raccontano il
fatto e arrabbiati per l’accaduto riprendiamo a pedalare con un bel po’ di
nervoso pensando alla non tolleranza di molta gente in divisa la quale non
capisce come applicare le leggi in situazioni particolari. Penso sia stato
questo a farci percorrere il tratto fino a Merano ad una velocità
esorbitante, penso che il tachimetro non sia mai sceso sotto i 35 Km/h fino
a quando abbiamo visto il cartello di Merano.
Siamo ormai a Prato allo Stelvio , iniziamo la salita
Un attimo di pausa a Gomagoi prima dello strappo finale.
Qui
abbiamo sicuramente lasciato un po’ di forze che ci verranno meno quando
richieste più avanti. A Merano giriamo un po’ in tondo per trovare la
direzione giusta verso la Val Venosta, quindi per non perdere troppo tempo
decido di passare sulla normale davanti alla birreria Forst. Salendo
Marcella fa il ritmo quindi arriviamo a Tell e poi a Naturno. Sono quasi le
sei del mattino e ci fermiamo in un area di servizio a rifocillarci un
attimo . In quel momento arriva con la sua macchina anche Robertino che ci
farà l’assistenza per la salita al Gran Zebrù. Ci diamo appuntamento alle 8
a Solda così può ripartire e riuscire a fare ancora un paio di ore di sonno
visto che per lavoro non ha potuto dormire più di tre ore prima di alzarsi
per venire ad assisterci nella nostra impresa. Ripartiamo e arrivati a Prato
alla Stelvio sono ormai le sette. Incomincia la salita. Paolo rimane un
attimo indietro preferisce venire su pian piano gestendo a dovere le sue
energie mentre Marcella sale più pimpante abituata a non rallentare mai
soprattutto quando il terreno si fa più duro, io la seguo . Sergio intanto
fa la spola tra noi e il Paolo incitandoci e tenendoci su il morale con
delle battute di tanto in tanto. Arrivati a Gomagoi , dove la strada dello
Stevio si divide per Solda decidiamo di attendere il Paolo e fare alcune
foto poi ripartiamo. Decido di fare gli ultimi 9 chilometri che ci dividono
dal cambio con gli sci un po’ più veloce per arrivare in cima un attimo
prima ed iniziare a cambiarmi per poi dare spazio ai miei compagni. I primi
5 chilometri sono veramente duri ma dopo la strada spiana abbastanza e ci si
può permettere una pedalata meno sofferente..Arrivo al parcheggio della
cabinovia degli impianti di risalita di Solda guardo il contachilometri,
segna esattamente 200 Chilometri e seicento metri! Lì c’è Roberto che ci
aspetta pronto a darci tutto l’aiuto possibile , mi conferma anche lui che
pur essendo una giornata di sole il giorno prima ha nevicato senza sosta e
sarà dura batter pista..inoltre il meteo ha previsto brutto nel pomeriggio e
bisognerà fare in fretta… Intanto arrivano anche Marcella e Paolo. Sul
furgone mangiamo un piatto di riso caldo preparato dalla Marcella la sera
prima ma riesco a gustarlo ben poco , dopo aver mangiato barrette
energetiche fino ad un attimo prima , mi sembra che il riso sia un piatto
insulso e non riesco neanche a finire una manciata di chicchi. Riprendo a
vestirmi : tuta d’alpinismo , imbrago , arva acceso , picozza ramponi ,
giubbino , infilo nello zaino anche la giacca pesante visto le
prospettive.., sci e zaino in spalla. Via per il secondo gradino
dell’impresa, sicuramente quello più duro.
Infilati gli zaini in spalla si parte subito per
l'attacco al Gran Zebrù
Mentre saliamo il tempo non promette niente di buono..
Con
noi salgono anche Jenni, e Sergio.Iniziamo a salire a piedi lungo la
strada di detriti che porta direttamente alla funivia intermedia che
sale alle piste da sci di Solda. Il sole si è già mangiato tutta la neve
dobbiamo camminare fin ben oltre l’intermedia. Messi finalmente gli sci
ai piedi ci portiamo fin all’estremità sinistra della parete,
all’attacco del camino minnig. Siamo a 2.600 mt. di altitudine e la
stanchezza comincia già a ledere le nostre barriere protettive e insieme
alle forza comincia a mancare anche la motivazione. Sergio e Jenni
decidono di fermarsi, per oggi ne hanno avuto abbastanza. Paolo sembra
molto stanco e cerco di spronarlo per continuare nell’impresa ma non c’è
né bisogno perché capisco dalle sue parole che si fermerà solo in caso
di morte..Marcella lamenta dolori alla schiena ma anche Lei non dà cenno
di rinunciare all’impresa, proseguiamo . Calzati i ramponi ai piedi,
Roberto comincia a farci strada lungo il ripido camino percorso nella
notte da una valanga , a fatica lo attraversiamo ma la neve oltre a
essere pesante e bagnata non ci permette neanche di vedere una via
diretta verso l’alto e quindi continuiamo a zigzagare tra le rocce per
trovare la strada più diretta . Ci vogliono due ore per uscire dalle
rocce e arrivare sul ripido pianoro, saremo intorno ora ai 3.500 mt.
Paolo Degasperi si è preparato molto bene per
questa avventura Io e Marcella
scherziamo prima di iniziare il Camino Minnig
Abbiamo percorso solo 900 mt. di dislivello in due ore e siamo ormai
alla “frutta” ma nessuno vuole mollare. La mia preoccupazione è
l’orario , sono le 14:15 e il tempo passa in fretta. Continuiamo a
salire penso tra di me che non c’è fretta, piano piano arriviamo in
cima. Nel frattempo è calata una nebbia che piano piano ci avvolge
ma non ci ferma.Saliamo ancora passo dopo passo udiamo solo il
rumore dei ramponi che si affondano nella neve, Roberto è bravissimo
sale con un passo più corto del suo normale per agevolare Marcella
nel seguire la sua traccia. La salita ora sembra meno ripida ma la
nebbia è intanto sempre più fitta , la visibilità non è maggiore di
10 metri ed ha ora incominciato a nevicare. Roberto si ferma e come
stavo temendo chiede sul da farsi. Proseguire è pericoloso,
rischiamo di non trovare più la strada per la discesa, oltre a
faticare per trovare quella della salita. Chiedo a Paolo cosa ne
pensa ma mi risponde che per lui è indifferente, chiedo anche a
Marcella che non ha dubbi , vuole scendere, è troppo rischioso e
siamo troppo stanchi. Sono le 15:15 guardo l’altimetro che segna
3.650 mt. mancano ancora 200 mt alla vetta e alla fine della ns.
impresa. Mi dispiace rinunciare ora, quindi chiedo a Roberto di
proseguire ancora vediamo se fra qualche minuto penso magari il
tempo migliora…
Eccoci all'attacco del camino Minnig,
la neve è fresca...
Uno squarcio di sole fuori dal camino ci fà sperare nell'impresa
Senza un’
indecisione Roberto riprende il cammino ma in pochi secondi
scompare davanti a noi nella tormenta, allora rifletto che non è
possibile proseguire in queste condizioni e lo chiamo per
fermarsi, dobbiamo urlare tutti per farci sentire da lui , la
tormenta copre le nostre voci seppure siamo tutti nello spazio
di una decina di metri. Si torna giù dico a tutti che sembrano
accogliere di buon grado la mia decisione ma vedo dalle loro
facce una inconfondibile espressione di delusione, tutta questa
fatica e dover tornare senza aver toccato il punto più alto
della ns. scommessa, non ci siamo riusciti , la montagna del Re
ci ha sconfitto.Io e Roberto scendiamo con gli sci molto
lentamente , mentre Marcella e Paolo scendono come sono saliti
con i ramponi ai piedi . La neve picchia forte sui nostri volti
e in pochi minuti ha già coperto le nostre tracce della salita,
dobbiamo rimanere molto concentrati è un attimo fare un passo
falso e scivolare per centinaia di metri . Rimaniamo sempre
tutti e quattro molto vicini cercando anche io e Roberto di
seguire il percorso seppur più stretto dentro il camino di
Marcella e Paolo. Marcella è arrivata al suo limite le sue forze
residue ora non la sorreggono più e arrivati al termine del
camino l’aiuto a togliersi i ramponi e a calzare gli sci , ora
la nebbia è meno fitta e possiamo proseguire per il pendio di
neve tenendoci lontano dagli evidenti crepacci. Per Marcella
ogni curva è un supplizio ma a breve siamo sul terreno ,
togliamo gli sci e ci incamminiamo per la strada verso il
parcheggio dove ci aspettano Genni e Sergio . Sono le 18:30 !
Rimango sorpreso perché mi rendo conto che siamo tutti felici ,
ridiamo e scherziamo su qualsiasi cosa siamo euforici io ,
Paolo e Marcella abbiamo condiviso un esperienza
indimenticabile, impossibile per noi fino alla pianificazione
della stessa, Roberto è stato grande nell’aiutarci nella parte
alpinistica, Sergio e Jenni nel tratto in bici hanno fatto
un’assistenza degna del Giro d’Italia passando panini e bevande
calde, siamo un bel gruppo penso , è veramente andato tutto bene
e mentre ci vestiamo ogni tanto guardo in sù , la cima della
“nostra”montagna , nel frattempo è tornata visibile , la
tormenta è passata , e mi immagino che la montagna ci voglia
dire : “ riprovateci siete forti e ce la farete
, io rimango qui ad aspettarvi” .
Siamo appena fuori dalla bufera di neve,
aiuto Marci a calzare gli sci
Sono le sei e mezza di sera , arriviamo esausti alla macchina .
RINGRAZIAMENTI
:
Roberto, la montagna è la sua
vita.
Sergio, il suo aiuto è stato essenziale...
Jenny , fotografa esperta ed attenta.
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